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25 novembre, Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne

25 novembre, Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Una giornata internazionale per ribadire l’impegno nell’eliminazione della violenza contro le donne: scopri come è nata la ricorrenza e quali sono le iniziative per fermare questa grave violazione di diritti umani.

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È Il 25 novembre 1960. Siamo nella Repubblica Dominicana, durante la dittatura del generale Trujillo. Tre sorelle attiviste (soprannominate las mariposas), Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal furono brutalmente assassinate da sicari del regime, mentre tornavano da una visita in carcere ai loro mariti, prigionieri politici. È in questo grave crimine della storia che ritroviamo le radici della ricorrenza, ufficializzata nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare la vita, l’attivismo e il coraggio delle tre sorelle diventate simbolo dell’opposizione alla violenza contro le donne.

Ogni anno il 25 novembre è l’occasione per continuare a sensibilizzare tutti su questo tema e spingere ad agire attivamente per lottare contro questa violazione dei diritti umani, ancora oggi largamente diffusa.

Definizione e forme di violenza

Nel 1993 le  Nazioni Unite emanano la Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne che definisce il significato della violenza di genere come “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”.

Applicando tale definizione, è possibile riconoscere diverse forme di violenza contro le donne: violenze fisiche, psicologiche, economiche, verbali inflitte dai partner e non, pratiche tradizionali dannose, tra cui la mutilazione genitale femminile e i crimini commessi per “onore”, atti persecutori come molestie sessualistalking, il matrimonio precoce o forzato, o episodi estremamente brutali come la violenza sessuale, fino al femminicidio.

I principali tipi di violenza di genere sono:

  • stalking: ogni comportamento assillante e non gradito che può suscitare ansia o timore (come appostamenti, pedinamenti, telefonate moleste, messaggi, lettere o comunicazioni non desiderate);
  • violenza psicologica: quegli atteggiamenti che sminuiscono la dignità della donna (come insulti, minacce, ricatti, gelosia patologica, comportamenti dispregiativi o denigratori);
  • violenza fisica: ogni atto violento che crea una lesione alla persona (percosse, uso di armi, privazione di acqua o cibo, sequestro di persona, ferite);
  • violenza sessuale: ogni imposizione di atti sessuali, indesiderati e non consenzienti (come ricatti o pressioni per ottenere prestazioni sessuali non desiderate, pratiche sessuali umilianti, l’impedimento di ricorrere alla contraccezione);
  • violenza economica: tutte quelle azioni che possono limitare l’indipendenza economica della donna (come impedirle di lavorare, di avere un conto corrente, di negarle di possedere del denaro, rubarle soldi, negarle il mantenimento dopo una separazione).

Nell'aprile 2020, la Canadian Women's Foundation lancia un gesto semplice e silenzioso, diventato poi popolare in tutto il mondo, per poter denunciare una situazione di violenza: è il Signal for Help, pollice della mano piegato sul palmo, quattro dita in alto poi chiuse a pugno, un segnale che comunica la richiesta d'aiuto urgente e che tutti dobbiamo saper riconoscere e replicare se ce ne fosse bisogno.

 

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I dati, gli stereotipi e i diritti delle donne

In base a quanto riporta il report settimanale del Ministero dell’Interno, dall’inizio del 2023 al 19 novembre 2023 sono state uccise in Italia 106 donne delle quali 87 in ambito familiare/affettivo, di cui 55 dal proprio partner o dall’ex. Quest’ultimo dato segna, rispetto allo stesso periodo del 2022, un aumento del 4%.

Da aggiornare con dati relativi alla settimana di pubblicazioneSecondo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, ma se ancora oggi parliamo di violenza contro le donne questa affermazione viene posta in discussione.

Il Women, Business and the Law Index 2023, indice della Banca Mondiale, ha esaminato lo stato dei diritti delle donne nel mondo: l’Italia è stato valutato come un Paese equo in quanto a opportunità lavorative per le donne, di movimento libero o di pari retribuzione; risultiamo più indietro solo quando parliamo di diritti legati al matrimonio. Secondo il nostro Codice civile, infatti, una donna può sposarsi una seconda volta solo dopo 300 giorni dall’annullamento del primo; per un uomo, invece, non ci sono restrizioni o obblighi.

Le donne soffrono una situazione di più forte disparità in Africa e Medio Oriente, dove soprattutto in alcune aree i loro diritti sono minati da leggi religiose e da regimi politici che la considerano inferiore all’uomo o con l’unico scopo di procreare e occuparsi della cura della casa e dei figli.

 

Educazione e indipendenza finanziaria ed economica delle donne

La violenza contro le donne – è importante ricordarlo non solo in occasione della Giornata internazionale del 25 novembre – è una manifestazione dei rapporti diseguali tra i sessi, come anche affermato dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, che il nostro Parlamento ha ratificato all’unanimità con la legge n. 77 del 2013.

Da ciò discende l’impegno a tutto campo per contrastarla e prevenirla, e in questo ha un ruolo cruciale il sistema educativo.

Contrastare e ancor prima prevenire la violenza significa agire sulle sue radici culturali e sulle cause. Per questo sono essenziali le politiche mirate all’educazione, alla sensibilizzazione, al riconoscimento e alla realizzazione delle pari opportunità in ogni ambito della vita pubblica e privata.

Un passo in avanti è stato fatto dal MIUR che ha elaborato il “Piano nazionale per l’educazione al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione”, finalizzato a promuovere nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado un insieme di azioni educative e formative volte ad assicurare l’acquisizione e lo sviluppo di competenze sociali e civiche, in continua sinergia con le famiglie, ma anche focalizzate sull’esperienza e sulla dimensione emotiva e relazionale.

Altro strumento di prevenzione e di reinserimento delle donne vittime di violenza è l’indipendenza finanziaria e l’inclusione economica. La relazione fra indipendenza finanziaria ed esposizione alla violenza è complessa: la violenza economica, spesso sommersa, ostacola la piena indipendenza delle donne che, in situazione di disagio derivato da esperienza di violenza subita, risultano essere fortemente a rischio di esclusione dal contesto socio-economico in cui vivono.

E anche su questo aspetto torna il ruolo fondamentale dell’educazione: secondo un’indagine del 2023 della Banca d’Italia gli uomini hanno competenze finanziarie maggiori rispetto alle donne, che spesso percepiscono come non prioritaria la necessità di gestire autonomamente il proprio denaro, tendono a delegare questa pratica. Il primo passo per ribaltare questa dinamica è rafforzare la cultura economico-finanziaria delle donne attraverso percorsi di consapevolezza, di empowerment e iniziative di alfabetizzazione finanziaria.

Avere un’autonomia economica non soltanto aiuta le donne a reinserirsi nella società dopo un’esperienza di violenza, ma riduce anche la violenza all’interno della relazione, perché garantisce alle donne maggiore potere contrattuale nella coppia.

Come combattere la violenza contro le donne

L’UN Women, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della condizione femminile nel mondo, ha redatto una vera e propria to-do-list che possiamo seguire tutti noi per cercare di cambiare le cose. Sono 10 punti:

  1. ascoltare e credere: dobbiamo dare uno spazio sicuro a chi deve denunciare, farla sentire creduta e compresa;
  2. insegnare e imparare dalle nuove generazioni mettendo in discussione i ruoli tradizionali di uomini e donne avviando conversazioni sul genere, sui diritti, sugli stereotipi; 
  3. richiedere risposte, leggi e servizi migliori: i rifugi, i consultori e i luoghi di supporto per chi ha subito violenze dovrebbero poter garantire il loro servizio, anche nei periodi più difficili come lo è stata la pandemia da Covid-19;
  4. l’importanza del consenso: esiste solo il “sì”, quando si tratta di consenso sessuale non dobbiamo avere idee confuse ma attendere sempre un segnale chiaro e inequivocabile;
  5. parlare, non lasciando che la violenza sia un “tabù” di cui vergognarsi;
  6. riconoscere i segnali e non sottovalutarli o sminuirli;
  7. lottare contro la “cultura dello stupro”: cercare ogni giorno di esaminarci, individuando i comportamenti che potrebbero alimentare questa cultura per sradicarli;
  8. essere solidali con altri movimenti perché la violenza di genere è fortemente connessa con altre forme di discriminazione come razzismo o omofobia, e lottando per migliorare anche questi aspetti si potranno riscontrare risultati positivi su più fronti.
  9. denunciare le molestie, prendere posizione quando riconosciamo una violenza è il primo passo per fermarla; per questo c’è uno strumento nazionale a sostegno delle donne: il numero telefonico 1522 della Rete Nazionale Antiviolenza, un call center multilingue attivo 24 ore su 24, tutti i giorni, dove gli operatori prestano sostegno psicologico e giuridico assicurando l’anonimato a chi chiama;
  10. conoscere i dati per capire efficacemente dove risiedono i problemi e in quali precisi campi intervenire.

 

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Le iniziative e i progetti

È sui punti sanciti dall’ONU che si basano anche i progetti che sosteniamo per prevenire la violenza di genere e per supportare le donne vittime di violenza. Al fianco di Donne in Rete (D.i.Re.) abbiamo supportato due progetti: dal 2022 abbiamo contribuito alla realizzazione del Fondo Autonomia destinato a donne vittime di violenza e in uscita da Centri Antiviolenza, così da coprire le loro spese più importanti (affitto, utenze, acquisti indispensabili per la propria abitazione o per iniziare attività di piccola imprenditoria), affiancandole nel loro percorso di indipendenza e libertà.

Insieme a UNHCR, invece, proteggiamo le donne rifugiate e richiedenti asilo che hanno subito varie forme di violenza: il nostro aiuto si concretizza con il sostegno a centri di aiuto che garantiscono loro l’accesso a servizi di salute sessuale e riproduttiva attraverso specialisti e mediatori culturali.

Supportiamo Fondazione Pangea e la rete nazionale antiviolenza “REAMA” per ampliare la capacità di risposta operativa alle vittime e provvedere all’apertura di una nuova casa rifugio in Calabria (una delle regioni maggiormente in difficoltà) gestite dalle donne per le donne.

Abbiamo sostenuto anche il Centro Italiano Femminile Metropolitano di Milano nel progetto A vele spiegate  che offre percorsi di uscita da situazioni di violenza promuovendo l’autonomia delle donne, lavorando sul loro empowerment e sullo sviluppo di nuove competenze individuali spendibili nel mondo del lavoro. In Toscana, invece, supportiamo Fili intrecciati, l’attività di Oxfam Italia Intercultura che dà protezione alle donne sopravvissute a episodi di violenza grazie a una rete di centri anti violenza e anti tratta, professionisti in prima linea e insegnanti che possano sensibilizzare anche gli studenti sul tema.

Il nostro impegno è coerente con una volontà globale forte di iniziative che nascono in tutto il mondo: una delle prime è stata l’installazione Zapatos Rojos dell’artista messicana Elina Chauvet che il 22 agosto 2009 posizionò in una piazza di Ciudad Juárez 33 paia di scarpe femminili, tutte rosse. L’idea, nata per ricordare la sorella assassinata dal marito a soli vent’anni, ebbe un’eco fortissima nel Paese e in seguito nel mondo, portando la scarpa rossa a diventare simbolo delle donne vittime di violenza.

Tra le altre, 16 Days of Activism  e Orange the World  sono due campagne portate avanti tutto l’anno dalle Nazioni Unite che spingono enti, istituzioni, città e persone a prendere parte alla lotta contro la violenza di genere diventando attivisti e dando segnali forti, che promuovano concretamente il cambiamento.